Un tributo a Severino Chiarello Monforte ad un anno dalla scomparsa.
Ad un anno dalla morte, la Biblioteca ha pubblicato una bibliografia dedicata all’”ultimo trovatore in lingua veneta della terra di Arzignano”.
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La vita
Severino Chiarello Monforte nasce ad Arzignano il 14 Giugno del 1923 da Giovanni Chiarello Monforte e da Regina Zonta di Chiampo.
L’infanzia di Severino è contraddistinta, come per gli altri bambini, dalla frequentazione scolastica e dai giochi.
Il primo evento della Sua vita, per lui meritevole di ricordo, è legato ad una richiesta della madre, donna di grande fede religiosa, che chiede al marito di potersi recare a Roma con la famiglia per l’Anno Santo del 1933.
La richiesta lascia sgomento il padre che, non avendo denaro, non sapeva come accontentare il desiderio della moglie.
Si reca allora da un suo amico , compagno d’armi durante la prima guerra mondiale, che gli costruisce un carro leggero che lui trainerà, aiutato dal figlio Severino, con la sola forza delle braccia mentre la mamma Regina e le due sorelle Severina e Dorina sono sedute sul carro assieme ai pochi generi di conforto e ad un po’ di biancheria di ricambio.
Il primo giorno di viaggio riescono ad arrivare sino a Monselice dove trascorrono la prima notte in una stalla ospitati da una famiglia di contadini che, in cambio dell’accoglienza, vengono allietati da un concertino musicale.
A quel tempo il padre di Severino era disoccupato e, per mantenere la famiglia, chiedeva l’ elemosina nelle frazioni limitrofe e nei piccoli borghi di montagna accompagnando il canto col suono della chitarra mentre la mamma contribuiva prima lavorando in una delle filande di Arzignano e poi mettendosi a fare la rigattiera e svuotando le soffitte dai vecchi mobili.
Dopo un mese di viaggio arrivano finalmente a Roma dove, oltre ad assistere ai riti dell’Anno Santo, hanno modo di visitare la Città Eterna.
E’ in quell’occasione che Severino scopre la sua vena artistica , inizia a tenere un diario di viaggio in cui descrive le città viste e gli avvenimenti a cui ha partecipato e, al suo ritorno, lo presenta al maestro della scuola elementare.
Il maestro, piacevolmente colpito, lo vuole promuovere nonostante le assenze ma il padre non accetta ed insiste perché ripeta la terza elementare.
A 13 anni scopre un’altra sua grande passione la musica ed inizia a frequentare la casa del maestro Nardi ad Arzignano dove impara i primi rudimenti del violino assieme ad altri ragazzi.
Su suggerimento dell’insegnante a 16 anni va a perfezionarsi a Vicenza col maestro Graziadei ed è in quel periodo che inizia la frequentazione di Mons. Federico Mistrorigo concittadino di Castello. Grazie a lui inizia a conoscere i poeti vicentini tra questi Adolfo Giuriato, poeta dialettale, che per primo riconosce ed apprezza le doti poetiche del giovane.
Oltre al violino Severino suona anche la chitarra assieme al suo amico Petronio Veronese che perderà la vita durante la seconda guerra mondiale al seguito dei partigiani sulle montagne.
Severino inizia la sua attività lavorativa a 16 anni all’ufficio del registro e lì viene notato dal direttore generale delle Officine Pellizzari, per la sua velocità nel dattilografare, e viene assunto come corrispondente commerciale.
A 19 anni viene arruolato in marina e imbarcato sull’ Incrociatore Raimondo Montecuccoli a seguito dell’accordo che le Officine Pellizzari avevano stipulato con la Regia Marina e qui partecipa ad un corso per radiotelegrafisti; viene poi mandato a Pisa per tre mesi dove assiste al bombardamento con migliaia di morti e feriti.
Il 9 settembre, dopo l’armistizio, scappa e torna a casa a piedi dove si si nasconde per un mese perché ricercato. Si iscrive allora ad un servizio per i lavoratori del regime che permetteva di non ritornare al fronte.
Guadagna la stima dei suoi superiori e viene inviato a costruire trincee a Cassino dove subisce i grandi bombardamenti americani e inglesi sulla città ed è a questo punto che riprende la via della fuga ed è inserito nella lista dei disertori.
Da Cassino in un mese e mezzo, camminando di notte per sfuggire ai tedeschi, arriva a Campofontana dove si aggrega alla brigata partigiana capitanata dal famoso Bepi Marozin e riesce anche a conoscere Antonio Giuriolo, il “Capitan Toni” arzignanese morto a Lizzano in Belvedere il 12 dicembre 1944 dove si trovava con la sua brigata partigiana.
Quando Marozin va a Milano Severino non lo segue e si aggrega alla brigata Rosselli combattendo nelle zone di Campofontana e Campodalbero sino alla liberazione.
Nella Piazza di Arzignano, durante la smobilitazione delle armi, Severino viene notato dalla donna che gli starà accanto per tutta la vita e che gli darà 7 figli: Rosalia Garatti;
i due iniziano una relazione amorosa di nascosto dalle rispettive famiglie per la differenza di età lei 15 anni e lui 22.
Dopo 5 anni di fidanzamento, il giorno del ventesimo compleanno di Rosalia si uniscono in matrimonio ed è grazie a lei, che si accolla tutte le incombenze domestiche, se Severino può coltivare le sue passioni: poesia e musica.
Si trasferiscono all’interno della rocca del castello dove vivranno, grazie all’ospitalità del parroco per 4 anni.
La vita al castello si svolge tra covate di colombi, allevamenti di galline, vendite di uova; nel frattempo nasce anche il secondo figlio e le mura del maniero fanno da sfondo ai concerti di violino che ogni sera Severino dedica alla famiglia.
La sua vita lavorativa prosegue alle officine Pellizzari dove viene stimato e apprezzato da Antonio che lo utilizza anche come suo segretario personale. Sarà l’ultima persona a parlare con lui prima della sua morte prematura avvenuta nel 1958.
Lavorerà alla Pellizzari sino al 1963 poi aprirà una cartoleria in Piazza Marconi ed è in quel periodo che, trasferitosi nella zona dell’Asilo Bonazzi, salva dalla demolizione l’antica colonna del 400 che sorreggeva il Grifo (ora al Parco dello Sport ndr) nascondendola per 4 anni prima di donarla al Comune.
L’ultimo capitolo di questo lungo racconto di Severino vuole essere dedicato alla persona che forse può essere definita come il grande maestro della sua vita: Antonio Pellizzari.
La conoscenza tre i due avviene in età infantile quando erano accomunati dal gioco nei campi dietro le famose officine in cui buona parte dei capi famiglia trovavano lavoro.
Anche il papà di Severino lavorava “alla Pellizzari” e faceva, manualmente, il lavoro che poi venne sostituito dal maglio.
Antonio è stato l’unico uomo di cultura Arzignanese a volere che, all’interno delle sue officine, i suoi dipendenti potessero conoscere ed apprezzare nel dopolavoro eventi musicali di grande livello ai quali spesso lui partecipava dirigendo l’orchestra.
Un approccio didattico dove, prima dell’esecuzione, il brano veniva analizzato e spiegato affinché tutti potessero goderne completamente.
Fece venire ad Arzignano i nomi più prestigiosi della cultura italiana a tenere conferenze su svariati argomenti. Il noto pianista Pollini suonò ad Arzignano all’età di dodici anni.
Era intimo amico dell’editore Neri Pozza che lo aiutava a portare i personaggi famosi ad Arzignano.
Un giorno del 1942 Severino venne chiamato in Direzione dove Antonio gli manifestò il desiderio di assistere a qualche prova dell’orchestra diretta dal maestro Tacchetti in cui Chiarello suonava il violino.
Le musiche suonate erano principalmente arie di Verdi e Pellizzari propose di variare il repertorio inserendo anche Vivaldi e Mozart.
Molti dei musicisti erano anche dipendenti delle Officine e questo permise di creare una nuova orchestra quasi interamente composta da maestranze. Il primo concerto fu tenuto nel ricovero antiaereo del palazzo Pellizzari e, alla presenza di famigliari e amici, vennero eseguite musiche di Vivaldi con partiture originali stampate dalla ditta Ricordi di Milano.
Spesso l’appartenere da esterno all’orchestra o il copiare le partiture permetteva anche di ottenere un posto di lavoro fisso all’interno dell’Azienda.
Proprio alla fine del primo concerto Antonio annunciò che era nata la Scuola di Musica di Arzignano purtroppo chiusa qualche anno prima della prematura morte del suo fondatore.
Oltre alla scuola di musica Antonio ha fondato anche il Coro Pellizzari.
Per questo ad Arzignano il suo mecenatismo e quello del padre vengono accostati a quello della famiglia Marzotto per Valdagno e della famiglia Olivetti per Ivrea.
Qui termina il lungo racconto di Severino dove, chi ha trascritto, ha cercato di riportarne fedelmente il pensiero.
Severino è stato ed è un uomo semplice, sentimentale, che oltre al lavoro ed alla famiglia ha potuto trovare una oasi di pace scrivendo i suoi ricordi di un passato scomparso dove i protagonisti sono le persone, gli ambienti, le tradizioni della nostra terra fino a diventare prezioso documento di recupero. Nei suoi occhi di fanciullo sono sfilate immagini di campi, di boschi, di case, di stalle dove si facevano i filò alla luce dei lumi a petrolio, delle cucine dei contadini, delle camere col letto sui trespoli, delle immagini sacre alle pareti. Sono queste immagini, queste realtà, e l’amore per la sua valle gli ispiratori della sua poesia.
Severino è morto il 23 Settembre 2010.
Siamo grati e orgogliosi che la Biblioteca abbia scelto la biografia del nostro sito per ricordare e salutare il nostro grande amico Severino Chiarello Monforte.
Grazie e un saluto.
Pro Arzignano
Severino Chiarello Monforte:
un personaggio illustre della Storia-Cultura di Arzignano.
Grazie Severino.