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Dove finisce Roma di Paola Soriga: è una bambina, da una grotta, a raccontarci cos’è che ci manca (…) a dirci piano all’orecchio da dove ripartire.

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Paola Soriga

Dove finisce Roma

Einaudi

 

 

È il 30 maggio del 1944, e Roma aspetta l’ingresso degli americani che stanno arrivando a liberarla. Ida ha quasi diciott’anni e deve scappare, correre fino alle porte della città per sfuggire ai fascisti: è una staffetta partigiana, anche se ogni volta che qualcuno le ha chiesto perché è entrata nella Resistenza non ha saputo spiegarlo a parole.
Nascosta dentro una grotta umida, senza sapere quando ne uscirà (e neppure se ne uscirà viva), Ida ricorda e racconta. A Roma è arrivata nel 1938, aveva appena dodici anni ed era già in fuga. Scappava dalla Sardegna, allora, da un paese piccolo piccolo che si ostinava a costringere e intrappolare chiunque dentro un ruolo, se ne andava insieme a alla sorella grande, Agnese: alla fine erano tutti d’accordo, anche la madre, che Ida era meglio mandarla in continente, tanto era già ribelle e sfrontata e non c’era verso di metterla in riga.
Certo nessuno se lo aspettava che pochi anni dopo quel viaggio in nave attraverso il Tirreno, su Roma sarebbero cadute le bombe. Ida cresce, diventa adolescente e poi donna, e la guerra non è solo lo sfondo su cui impara a diventare grande: la guerra fa e disfa a piacimento, si porta via la gente, crea i legami e li distrugge. Nei racconti che Ida fa a se stessa nella grotta incontriamo Micol, la prima amica vera, scomparsa dopo i rastrellamenti delle SS; Annina, la compagna di scuola; Francesco, il marito a cui Agnese non riesce a dare un figlio. E poi i compagni del quartierone di periferia che diventano compagni della Resistenza, quelli che la chiamano col suo nome di battaglia, Maria, quelli su cui puoi contare e quelli che invece tradiscono, e infine Antonio, soprattutto Antonio, i baci, l’amore.
Scrive Concita De Gregorio: «La voce che narra, qui, è potente è sottile. Il racconto passa come acqua dalla terza persona alla prima, è Ida che vede se stessa poi è Ida che parla, un flusso di pensiero che porta il lettore nella storia a camminarci dentro, lascia defluire i personaggi e le vicende secondo il ritmo e il senso del ricordo. Un ricordo che cresce e che cambia».

Al suo esordio narrativo, Paola Soriga – classe 1979 – sorprende con un romanzo apparentemente così lontano dalla sua generazione e dal suo tempo. Un romanzo che è costato anni di documentazione, di letture, viaggi, ascolti e visioni, per riuscire a ricostruire con precisione gli eventi, le atmosfere, ma soprattutto le ragioni di quegli anni, i pensieri di chi sceglieva di combattere e di chi invece scappava, di chi si schierava da una parte o dall’altra, di chi giudicava e di chi tradiva. La Storia che questa giovane autrice racconta attraverso la voce di Ida è fatta di tante piccole storie, infinite «questioni private» che insieme danno forma a un desiderio collettivo: lasciarsi alle spalle un mondo vecchio e cominciane uno nuovo, migliore.
«Paola Soriga non è la prima, della sua generazione, a cercare in un tempo che non ha conosciuto un presente dotato di senso, che abbia la voce e i gesti (la purezza, la durezza) adatti a descrivere le ragioni e le passioni che muovono i destini comuni. – scrive ancora la De Gregorio –. Non è la prima a provarci ma è la prima a riuscirci con una precisione definitiva, che commuove per la semplicità e consola per la sapienza, muove al pensiero e chissà forse all’azione, lascia, chiusa l’ultima pagina, l’eco di un desiderio di fare, di provarci di nuovo, proprio noi proprio ora, e allora andiamo, forza, che cosa stiamo aspettando, ricominciamo».

 

 

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