12 Maggio 2013: festa della mamma. Una bibliografia per rendere omaggio a tutte le madri.
12 Maggio 2013: festa della mamma
Una bibliografia
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Eliette Abecassis, Lieto evento, Marsilio
Trent’anni, innamorati, un piccolo appartamento nel Marais di Parigi, Barbara e Nicolas sono una coppia bella, libera e felice. Ma Barbara resta incinta e, di colpo, tutto cambia. Prima il corpo che si gonfia e si deforma, le nausee e i malesseri. Poi la vita completamente sconvolta dall’arrivo di Léa, piccola creatura dispotica e manipolatrice. Niente più viaggi in paesi esotici, basta con le serate mondane, sfumate le ambizioni professionali. Quella giovane donna moderna ed emancipata si ritrova imprigionata nel più tradizionale e arcaico dei ruoli femminili: quello di madre. Nessuno l’aveva preparata a questo e, mentre la sua relazione con Nicolas comincia a sgretolarsi, Barbara giungerà a provare un sentimento di rifiuto nei confronti della figlia che l’ha privata della sua vita di un tempo. Violento, sincero, impudico, questo romanzo infrange i tabù sull’essere madre tracciando del “lieto evento” un quadro molto lontano da quello idilliaco che la società tende ancora a imporre.
Roberto Alajmo, Cuore di madre, Mondadori
Cosimo Tumminia ripara biciclette nel paese di Calcara, in Sicilia. Solo che a Calcara nessuno va in bicicletta, e nessuno ha biciclette da far riparare. Ma il suo negozio è deserto anche per un altro motivo: Cosimo ha fama di portare sfortuna e quindi nessuno lo frequenta, quasi nessuno lo saluta. Per questo alcuni delinquenti lo hanno scelto per un singolare accordo: gli lasceranno in casa un bambino rapito, torneranno a riprenderselo e gli daranno una bella ricompensa. Ma Cosimo non ha fatto i conti con sua madre, che lo ama, lo spia, lo controlla… Roberto Alajmo firma un noir duro e grottesco.
Dora Albanese, Non dire madre, Hacca
Attraverso il topos della maternità, Dora Albanese racconta tre metamorfosi sociali e culturali del Sud postbellico: la dura maternità della Lucania “interna”, ancora legata a feroci e dolcissimi stili contadini; la frustrata maternità piccolo-borghese di una Matera “piana”, dimentica della superba e misera civiltà dei Sassi; e, infine, la maternità delle nuove generazioni, sospese tra “ritorni al passato”, fastidi per un benessere di facciata, e goffi e ostinati tentativi di abbracciare il mondo, magari attraverso un altro topos di questo libro, quello dell’emigrazione. In Non dire madre il tema della maternità e della femminilità è ossessivamente indagato e sviscerato con franchezza, senza abbellimenti estetici e senza indulgenze; anzi, le donne di questo libro sono sempre colte in un estremo momento di quotidianità scoperta, finanche di buffa sciatteria. A Dora Albanese interessa il trucco che si scioglie sul viso, l’odore immediato della carne e della placenta, la calata delle maschere, l’emergere impietoso delle paure, delle viltà, dei sentimenti più immediati, senza temere né la crudeltà né il sentimentalismo – dilagante attitudine, quest’ultima, di un Sud che, a furia di recitare, ha pure imparato a recitare i sentimenti.
Isabel Allende, Paula, Feltrinelli
Paula, nata il 22 ottobre 1963, è una ragazza felice, innamorata del marito, appassionata del suo lavoro. La sua è una vita semplice, che non ha niente a che vedere con quella di sua madre Isabel. Due donne, due destini diversi. Improvvisamente Paula si ammala di una malattia gravissima, la porfiria, che la trascina in un coma da cui non c’è ritorno. Isabel accorre al suo capezzale per cercare di trattenerla in vita, o forse per accompagnarla dolcemente verso la fine… Con la scrittura la madre-scrittrice cerca di “distrarre la morte”, cerca di trovare un senso a una tale insensata tragedia: grazie alla magia della parola evoca tutti i componenti della sua esuberante e bizzarra famiglia perché circondino Paula, superando i confini individuali di vita e di morte.
Andrea Bajani, Se consideri le colpe, Einaudi
Lui è uno dei tanti italiani che atterrano a Bucarest, ma spinto fin laggiù da un motivo diverso da tutti gli altri. Gli uomini che scendono dall’aereo prima di lui hanno scarpe dalla punta quadrata e cravatte con il nodo troppo largo: sono in cerca di fortuna, hanno trasferito lì le aziende, tirato su capannoni e comprato fuoristrada per mettere le mani su donne e denaro. Lui deve seppellire una madre che non è mai stata sua per davvero, se non in un’infanzia – magica nel ricordo – di pazza allegria: una donna carica di sogni, che un giorno di molti anni prima si è lasciata alle spalle lui e tutto il resto per seguire un progetto improbabile e una passione mal riposta. Una storia d’amore totale all’orizzonte di un mondo che scambia per oro tutto quello che luccica.
Tahar Ben Jelloun, Mia madre, la mia bambina, EInaudi
Ben Jelloun coglie con partecipazione gli atti e i pensieri della madre sofferente. L’Alzheimer che l’affligge non ha uno sviluppo lineare, il peggioramento è impercettebile, e spesso viene intervallato da momenti di lucidità in cui la madre scherza sul proprio male. Gli episodi descritti sono quelli dell’amnesia e confusione tipici della malattia; c’è la crisi dei figli, che oscillano tra l’angoscia e il rifiuto nel vedere la madre in quelle condizioni, nel vedere una persona che sbiadisce come una vecchia fotografia, si spegne, scompare. Una bufera di allucinazioni e ricordi, un tentativo straziante e continuo di cercare un ordine ormai sfuggente, di rivendicare una lucidità perduta, di salvaguardare la dignità. Una raccolta delle reminiscenze di una madre, ricomposte in un racconto pacato da parte di un figlio che dice un’ultima volta il suo amore di figlio.
Alberto Bevilacqua, Lettera alla madre sulla felicità, Mondadori
Sarah Bilston, Il club delle notti in bianco, Piemme
Dopo tre mesi trascorsi a letto per una gravidanza difficile, Quinn Boothroyd, detta “Q”, pensava che il peggio fosse passato e che la nascita del piccolo Samuel avesse messo la parola fine ai suoi guai. Invece, quello non era che l’inizio. Quel cosino di poco più di tre chili, con i suoi pianti isterici e inconsolabili, è infatti in grado di produrre più decibel di un’esplosione, di sporcare più di una squadra di football e di farla dormire meno di quando dedicava venti ore al giorno alle cause per il suo studio legale. Fortunatamente, però, un vecchio amico di suo marito Tom ha una splendida casa nel Connecticut ed è disposto a lasciargliela per trascorrere due tranquille settimane di vacanza. Quello che per “Q” è un sogno che diventa realtà – il parco, la spiaggia lambita dall’oceano su cui fare lunghe passeggiate solitarie – per Jeanie è un incubo. Arrivata a New York da poche ore con l’idea di dare una mano alla sorella maggiore in difficoltà, Jeanie si aspettava di girovagare per la Grande Mela sperimentando ristoranti e locali alla moda e svaligiando negozi. Certo non pensava di dover passare tutto quel tempo alla sola presenza della sorella, il cognato e il nipotino senza poter raggiungere anima viva. I giorni lontano dalle loro rispettive vite, però, serviranno a “Q” e a Jeanie per ritrovarsi e, grazie soprattutto all’apparizione di un milionario arrogante e incredibilmente bello e di un avvocato di campagna, per dare una svolta alle proprie esistenze.
Aldo Busi, Manuale della perfetta mamma, Mondadori
Un audace prontuario di “perfetti sentimenti imperfetti”, indirizzato alle mamme che perlomeno esistono e ai loro “più subdoli e spietati antagonisti: i figli”. Vi si trovano ammaestramenti eterni sull’amore che cambia, questioni di principio sulla vita che cambia noi, consigli che sovvertono ogni norma mammista, qualche utile delirio dell’immaginazione e poi un intenso finale a tradimento, che precipita il lettore dalle cime brillanti del divertimento nelle profondità di un’analisi senza precedenti del rapporto tra un uomo e la sua madre vera.
Stephanie Calman, Confessioni di una mamma imbranata, Kowalski
Ci sono mamme belle e sempre pettinate, che alla fine della giornata, dopo aver diretto un consiglio d’amministrazione, sono ancora profumate e sorridenti mentre preparano il centrifugato di verdure biologiche e sfornano la torta al cioccolato per i loro bimbi, belli e leccatissimi, che dicono sempre “grazie” e “per favore”. E poi ci sono le altre. Quelle che si sentono stanche e inadeguate, che rimpinzano i loro figli di hamburger surgelati, merendine confezionate e cartoni animati, che non hanno voglia di portarli ai giardinetti per non dover parlare con le altre mamme (quelle perfette). Stephanie Calman racconta i primi anni da madre di una donna come tante.
Paola Calvetti, Perché tu mi hai sorriso, Bompiani
Nora, restauratrice, è sposata, ha una figlia adolescente e il sospetto di un mondo di bugie intorno a lei. Suo marito, avvocato di grido del foro milanese, forse la tradisce. È l’estate del 2005, e Nora ha deciso di restare accanto alla madre, gravemente ammalata, nelle ultime settimane di vita che le restano. Ma tornando nella casa della sua infanzia, la donna trova per caso il certificato di nascita di una bambina con il suo stesso cognome ma con nome diverso. Una sorella sconosciuta, uccisa alla nascita? Sua madre, ora, dovrà stare ad ascoltarla e darle delle risposte…
Ferdinando Camon, Un altare per la madre, Garzanti
Il romanzo è la conclusione ideale di quello che Camon ha intitolato “il ciclo degli ultimi”, in cui un mondo contadino immobile da sempre rivive nella sua miseria e nella sua grandezza. Da questa matrice terrestre l’autore approda ora, per trasfigurazione d’amore, mediazione di memoria e per virtù di poesia, a un sentimento dell’immortalità che trova il suo simbolo e segno nell’altare di rame costruito per la madre. È il padre che lo erige, ma è il figlio che ne registra la nascita, costruendo a sua volta un “altare di parole”, il libro appunto, che consentirà alla madre di “smettere di morire”.
Lidia Castellani, Mamma senza paracadute, Salani
Laura vive a Firenze, è addetta stampa di un parlamentare, ha un compagno con cui tutto va bene e una vita piena di lavoro, quando scopre di essere incinta. Attraverso il conflitto quotidiano con montagne di problemi pratici, le riflessioni rubate nei ritagli di tempo, le chiacchierate con le amiche, i colleghi, le madri, le suocere, Laura si costruisce il mosaico del proprio ideale di maternità, lontano dalla retorica e dai luoghi comuni. Il romanzo di Lidia Castellani ci propone una nuova figura di madre, quella per cui un figlio non è più un ostacolo alla libertà femminile, non rappresenta solo un arricchimento affettivo, né un mero omaggio all’istinto di riproduzione, ma è una tappa della propria crescita psicologica ed esistenziale. La maternità diventa la conquista lenta e consapevole di una nuova identità, tutt’altro che scontata per le donne con la testa e le giornate piene di cose da fare.
Carla Cerati, La cattiva figlia, Frassinelli
La cattiva figlia del titolo è l’io narrante di questo romanzo sul difficile rapporto tra una donna alle soglie della maturità e la madre ottantenne. L’obiettivo dell’autrice mette a fuoco conflitti, rancori, nodi irrisolti che si stemperano quando la figlia spinge la madre a raccontarle la propria vita, nel tentativo di avvicinarsi finalmente a lei, di comprenderla e, forse, di rivalutarla. La narrazione si svolge su diversi piani che si intersecano e si sovrappongono, permettendo al lettore di vedere le due protagoniste da angolazioni differenti e punti di vista contrastanti.
Lisa Corva, Confessioni di una aspirante madre, Sonzogno
Tutta colpa della cicogna. Se la cicogna avesse fatto il suo dovere, Emma sarebbe una donna felice. E non un’Aspirante Madre. Invece eccola qui, dalla parte sbagliata dei 35, con una terrazza piena di rose e un amorevole Consorte… Cosa manca? È ovvio, un bambino. Che, ostinatamente, non arriva. Così Emma guarda di nascosto le vetrine prémaman, passa ore nelle sale d’aspetto dei centri fertilità, compila una lista di Mamme Tardive Over 40, passa il suo sguardo scanner su tutte le donne che incontra. Ed è dura, la vita di un’Aspirante Madre. Anche perché, come spesso accade, le amiche di Emma, pronte ad accompagnarla a un sushi consolatorio nel momenti di grande disperazione, hanno però altri problemi…
Josephine Cox, Il viaggio, Mondadori
Un pomeriggio d’inverno del 1952, su un sentiero innevato di un piccolo cimitero tra le colline del Bedfordshire, Ben Morris conosce Lucy Baker e sua figlia Mary: una madre piegata ma non spezzata da un’immane tragedia e una ragazza misteriosa, che riaccende in Ben la scintilla della passione. Un incontro, il loro, voluto dal destino, che cambierà profondamente la vita di tutti e tre. Invitato nell’antica dimora edoardiana in cui vivono le due donne, fin dal primo istante Ben avverte la sensazione di trovarsi in un santuario di ricordi e segreti sepolti nel passato. Questa prima impressione viene confermata mano a mano che si va svelando una vicenda di decenni addietro, una storia di immenso amore e di supremo sacrificio la cui eco ancora risuona. È la storia di Barney Davidson, della sua famiglia e della sua vita straordinaria; una storia in cui Lucy ha avuto una parte non piccola e che ora deve riemergere. Prima che sia troppo tardi.
Diego Dalla Palma, Accarezzami madre, Sperling
In questo libro l’autore compie un percorso a ritroso nel tempo, rievocando la figura della madre e il suo legame con lei, un misto di amore ma anche di contrasti e conflitti, spesso scaturiti dalle carezze che lei gli ha più volte negato. Negli anni, tuttavia, Dalla Palma ne ha rivalutato gli insegnamenti e la lezione di vita, comprendendo che una mamma può amarti moltissimo anche se non ti accarezza. E soprattutto apprendendo da lei a cogliere, anche dalle esperienze più dure e difficili, la capacità di guardare avanti e costruire quella bellezza interiore che ci permette di voler bene agli altri cominciando a voler più bene a noi stessi.
Marie Darrieussecq, Una buona madre, Guanda
Non c’è nessuna incompatibilità tra il mestiere di intellettuale e quello di madre. Pagina dopo pagina, l’autrice ci introduce alla scoperta dell’universo della maternità, consegnandoci un diario intimo, divertente, dolce e profondo in cui si alternano momenti di gioia, di rabbia, di amore e di sofferenza.
Erri De Luca, In nome della madre, Feltrinelli
L’adolescenza di Miriam/Maria smette da un’ora all’altra. Un annuncio le mette il figlio in grembo. Qui c’è la storia di una ragazza, operaia della divinità, narrata da lei stessa. L’amore smisurato di Giuseppe per la sposa promessa e consegnata a tutt’altro. Miriam/Maria, ebrea di Galilea, travolge ogni costume e legge. Esaurirà il suo compito partorendo da sola in una stalla. Ha taciuto. Qui narra la gravidanza avventurosa, la fede del suo uomo, il viaggio e la perfetta schiusa del suo grembo. La storia resta misteriosa e sacra, ma con le corde vocali di una madre incudine, fabbrica di scintille.
Viola Di Grado, Settanta acrilico trenta lana, E/O
Camelia vive con la madre a Leeds, una città in cui “l’inverno è cominciato da così tanto tempo che nessuno è abbastanza vecchio da aver visto cosa c’era prima”, in una casa assediata dalla multa. Traduce manuali di istruzioni per lavatrici, mentre la madre fotografa ossessivamente buchi di ogni tipo. Entrambe segnate da un trauma, comunicano con un alfabeto fatto di sguardi. Un giorno però Camelia incontra Wen, un ragazzo cinese che comincia a insegnarle la sua lingua: gli ideogrammi. Assegnando nuovi significati alle cose, apriranno un varco di bellezza e mistero nella vita buia di Camelia. Ma Wen nasconde un segreto, assieme a uno strano fratello che dietro una porta deturpa vestiti…
Waris Dirie, Lettera a mia madre, Garzanti
Quello tra Waris Dirie e sua madre è sempre stato un legame profondissimo ma certo non un rapporto facile. A dividerle sono stati anche i diversi destini. La madre è rimasta nei deserti della Somalia, dove è nata Waris, a condurre la vita difficile dei nomadi, in una società violenta e incatenata alla tradizione, dove alle donne è concesso solo un ruolo subordinato. Sua figlia è diventata una delle modelle più famose del mondo, è stata nominata ambasciatrice dell’ONU nella lotta contro le mutuazioni genitali femminili, i suoi libri hanno conquistato e commosso milioni di lettori. Waris però non ha mai dimenticato le sue origini, anche se per anni non è riuscita a tornare in Somalia perché era troppo pericoloso. E quando ha finalmente potuto incontrare sua madre, ha trovato una donna malata. Ha provato a parlarle, per recuperare il conforto dell’affetto reciproco. Ma a volte parlarsi, quando ci sarebbe troppo da dire, diventa un’impresa difficile, quasi impossibile. È per questo che Waris Dirie ha scritto “Lettera a mia madre”: per costruire un dialogo, per cercare la pace interiore che il successo, la fama e il denaro non le hanno dato.
Roddy Doyle, Dentro la foresta, Guanda
Tom Griffin ha dieci anni e vive a Dublino con il fratello Johnny, maggiore di due anni, la loro madre Sandra, la sorellastra Grainne e il padre di lei, che ha sposato Sandra dopo il divorzio dalla prima moglie. Una famiglia allargata come tante, che vive momenti di serenità, ma anche inevitabili tensioni. Grainne in particolare è una ragazza difficile, dall’adolescenza turbata, che deve fare i conti con il dolore di essere stata abbandonata da piccola dalla madre, trasferitasi in America subito dopo la separazione. Ma ora la donna ha deciso di tornare in Irlanda, per incontrare la ragazza, e Sandra ha pensato che sia meglio lasciare sole madre e figlia in questo difficile incontro: perciò ha organizzato un viaggio-avventura in Finlandia per i suoi ragazzi. Spostamenti in slitta con i cani, allestimento del campo per la notte: per Tom e Johnny la vacanza è un paradiso, finché la madre, una sera, scompare tra le nevi, e saranno proprio loro a doverla cercare…
Elena Ferrante, La figlia oscura, E/O
Leda è un’insegnante di letteratura inglese, divorziata da tempo, tutta dedita alle figlie e al lavoro. Ma le due ragazze partono per raggiungere il padre in Canada. Ci si aspetterebbe un dolore, un periodo di malinconia. Invece la donna, con imbarazzo, si sente come liberata e la vita le diventa più leggera. Decide di partire per una vacanza al mare in un paesino del sud. Ma, dopo i primi giorni quieti e concentrati, la donna si imbatte in una famiglia poco rassicurante, in eventi minacciosi. Pagina dopo pagina la trama di una piacevole riconquista di sé si logora e Leda compie un piccolo gesto opaco, ai suoi stessi occhi privo di senso, che la trascinerà verso il fondo buio della sua esperienza di madre.
Anne Fine, Il testamento di mamma, Sonzogno
Colin è un uomo timido e goffo, vittima di una sorella perfida ed egoista e tirannizzato da una madre astiosa e collerica che accudisce con apparente amore, ma che in realtà sogna di uccidere. Colin sogna anche di vivere in un mondo segreto e parallelo, abitato da una pin-up di carta, da un’acrobata che non vuole saperne di lui e dalla sua bambina, cui riserva un affetto paterno. Le sue due vite si trascinano frustranti, fino a quando sua madre, per capriccio, lo disereda. Finalmente libero da ogni legame familiare, Colin impara a dire di no e inizia una nuova vita, la terza. Quella vera.
Elisabeth Gilles, Mirador: Irene Nemirovsky, mia madre, Fazi
“Mirador” non è una semplice biografia di Irène Némirovsky. È la scrittrice stessa che, attraverso la voce della figlia, Élisabeth Gille, ci racconta in prima persona di sé e della propria vita. E rievoca con accenti intimi e originali la Russia lacerata e suggestiva dell’infanzia e dell’adolescenza. Poi, dopo l’esilio seguito alla Rivoluzione d’Ottobre, sono la Francia e Parigi lo scenario in cui Irene spicca il volo e diventa famosa. Infine la provincia francese è il teatro che vede svolgersi l’ultimo atto della sua esistenza, che è anche l’ultimo atto di una borghesia colta ma incapace di cogliere i segni premonitori della tragedia che si sta abbattendo sull’Europa e che troppo tardi si accorge della furia che travolgerà milioni di persone, come la stessa Irène, deportata nel 1942 ad Auschwitz, dove morì di tifo un mese dopo. “Mirador” è uno sguardo intimo e privilegiato sui suoi legami con il padre e la madre, il marito e le figlie, la fatica della continua fuga fino alla drammatica fine. Numerosi sono i nodi affrontati – la fama e le sue illusioni, il giudaismo e la Shoah -, ma è il tema fondamentale della vita familiare e della maternità a dominare la narrazione. Il rapporto tormentato, seppur breve, tra Elisabeth e la madre Irène è il filo rosso che lega ogni vicenda di questo racconto… Prefazione e intervista di René de Ceccatty.
Risa Green, E adesso cosa faccio?, Mondadori
Lara ha dato alla luce una deliziosa bambina di nome Parker. Ma se già la gravidanza per lei era stata un’esperienza da incubo, figuriamoci ora che si trova alle prese con una neonata che reclama le sue attenzioni ventiquattr’ore su ventiquattro. E lo fa nell’unico modo che conosce: piangendo e strillando. Ma le notti insonni e il senso di inadeguatezza sono il minore dei mali. Lara se ne rende conto quando scopre che il marito ha iniziato a flirtare con una provocante venticinquenne, e il padre, che non vede da anni, le piomba in casa per comunicarle che ha conosciuto una spogliarellista e intende sposarla. Una sfida all’ipocrisia e al conformismo, ma è anche il racconto di una donna disincantata e schietta che, poco alla volta, impara a diventare madre.
Jill Kargman, Quando la mamma è stronza, Sonzogno
Giovane mamma di una bimba di due anni, ad Hannah Allen non piace affatto l’idea di lasciare la pacifica San Francisco per la frenetica New York, dove a suo marito Josh è stato offerto un lavoro in una banca d’investimenti. Approdata neil’Upper East Side di Manhattan, Hannah si accorge ben presto che il mestiere di madre nella Grande Mela viene esercitato come se si dovesse gareggiare alle olimpiadi, e cioè con uno spirito di agguerrita competizione. Finisce sotto le grinfie della suocera molto invadente e molto snob che la introduce in un circolo di mamme ricchissime e supergriffate per essere “educata” alla maternità stile alta società newyorkese.
Sophie Kinsella, I love shopping con il baby, Mondadori
Becky Bloomwood è più felice che mai. Lavoro e matrimonio vanno a gonfie vele e, soprattutto, è incinta! Tutto deve essere perfetto per la nascita del bambino. Non può certo mancargli una minuscola vestaglia Ralph Lauren, una culla con un sistema per il controllo della temperatura e un proiettore con ninnananna incorporato… Un gran lavoro, ma Becky non si perde d’animo: lo shopping la aiuta a superare le nausee mattutine. E poi ci sono gli appuntamenti con la dottoressa Venetia Carter, la ginecologa delle star, che prepara al parto tra massaggi thai e fiori di loto. Ma proprio quando tutto sembra essere sotto controllo, iniziano i guai. Gli affari di Luke cominciano ad andare male, il negozio dove lavora Becky non riesce a decollare e, soprattutto, la straordinaria Venetia Carter si rivela essere l’affascinante, magrissima, super-trendy e super-single ex fidanzata di suo marito… e le cose si complicano.
Sophie Kinsella, I love mini shopping, Mondadori
“Sono la madre con la bambina più favolosa del mondo. E insieme faremo faville. Lo so.” E che faville! Becky Brandon (nata Bloomwood) era convinta che essere madre fosse una passeggiata, ma naturalmente deve ricredersi. Ora che la piccola Minnie ha due anni è a dir poco un uragano, specie quando entra nei negozi afferrando tutto ciò che vede al grido di “Miiiio!”, e sembra avere già le idee molto chiare in fatto di shopping. Da qualcuno deve avere pur preso… Becky esclude che sua figlia sia una bambina viziata, anche se in realtà non sa come fare con lei. In fondo il mestiere di mamma non si improvvisa e deve ammettere che forse ha ragione suo marito Luke: c’è proprio bisogno di una supertata come quelle dei reality televisivi. D’altra parte, è un momento un po’ delicato per tutti: Becky e Luke vivono ancora a Oxshott nella casa dei genitori di lei, la convivenza forzata alla lunga pesa e la crisi finanziaria si fa sentire, causando ogni genere di preoccupazione in famiglia. Una cosa è certa: Becky si deve dare una regolata con le spese – a modo suo, però -, e lei è animata dalle migliori intenzioni. Questo comunque non le impedisce di organizzare (molto in economia!) una strepitosa festa a sorpresa per il compleanno di Luke. In effetti le sorprese non mancheranno, soprattutto perché mantenere il segreto non si rivelerà affatto facile…
Lori Lansens, La strada di casa mia, Mondadori
Sharla ha cinque anni, ma la sua vita non è stata facile. La madre l’ha abbandonata a casa di Addy Shadd, un’anziana signora che vive in una roulotte, per seguire uno dei suoi amanti. Tra la donna e la piccola si instaura un rapporto molto intenso, una solidarietà che riporta alla mente di Addy l’infanzia trascorsa in Canada. Tra scaramucce, slanci affettivi e improvvise disperazioni,la vecchia racconta alla bambina la sua storia: la violenza subita quando era solo quindicenne, la tragica morte del marito e della figlia, il suo lavoro di cameriera a Detroit. Per Sharla è un modo per sentirsi accudita, per Addy l’occasione per ripercorrere le tappe della propria vita.
Kate Long, Quasi quasi cambio mamma, Garzanti
Ally Weaver vive con il marito Tom e suo figlio Ben a Chester, una placida cittadina inglese, in un mondo fatto di giardini ben curati, pendole antiche, eleganti mobili di design, tappezzerie raffinate. Un’esistenza immacolata, un mondo che Ally, di umili origini, ha sempre desiderato, ma nel quale non si sente davvero a suo agio. Nel suo passato c’è un’ombra che è impossibile cancellare, un dolore troppo grande per essere dimenticato. Per fortuna c’è Juno, la sua migliore amica e vicina di casa, moglie di un intellettuale di origine francese, Manny, e madre di due figlie adolescenti troppo perfette per essere vere. Juno è bella, sicura di sé, precisa e ordinata, gestisce casa e famiglia con una naturalezza lubrificata dall’olio biologico integrale che consuma in abbondanza. Ma Juno ha in serbo una sorpresa: ha deciso di partecipare a un reality show che si chiama Cambio mamma. Vivrà per due settimane presso un’altra famiglia, in un’altra città. Al suo posto arriverà una nuova mamma, Kim, imprevedibile, disordinata, spontanea e dai modi un po’ rozzi: ovvero l’esatto contrario di Juno. Come farà Ally senza la sua migliore amica? Riuscirà ad accettare Kim e l’occhio indiscreto delle telecamere? Difficile, perché Ally detesta i cambiamenti. Ne ha visti troppi per trovarli interessanti e sa che ciò che è più prezioso può andare perso in un solo istante. Inatteso e sconvolgente, il reality finirà per stravolgere anche la sua vita e mettere in gioco l’equilibrio già precario della sua famiglia.
Margaret Mazzantini, Venuto al mondo, Mondadori
Una mattina Gemma sale su un aereo, trascinandosi dietro un figlio di oggi, Pietro, un ragazzo di sedici anni. Destinazione Sarajevo, città-confine tra Occidente e Oriente, ferita da un passato ancora vicino. Ad attenderla all’aeroporto, Gojko, poeta bosniaco, amico, fratello, amore mancato, che ai tempi festosi delle Olimpiadi invernali del 1984 traghettò Gemma verso l’amore della sua vita, Diego, il fotografo di pozzanghere. Il romanzo racconta la storia di questo amore, una storia di ragazzi farneticanti che si rincontrano oggi invecchiati in un dopoguerra recente. Una storia d’amore appassionata, imperfetta come gli amori veri. Ma anche la storia di una maternità cercata, negata, risarcita. Il cammino misterioso di una nascita che fa piazza pulita della scienza, della biologia, e si addentra nella placenta preistorica di una guerra che mentre uccide procrea. L’avventura di Gemma e Diego è anche la storia di tutti noi, perché questo è un romanzo contemporaneo. Di pace e di guerra. La pace è l’aridità fumosa di un Occidente flaccido di egoismi, perso nella salamoia del benessere. La guerra è quella di una donna che ingaggia contro la natura una battaglia estrema e oltraggiosa. L’assedio di Sarajevo diventa l’assedio di ogni personaggio di questa vicenda di non eroi scaraventati dalla storia in un destino che sembra in attesa di loro come un tiratore scelto. Un romanzo-mondo, di forte impegno etico, spiazzante come un thriller, emblematico come una parabola.
Alice Munro, Il sogno di mia madre, Einaudi
“Ogni vita e ogni grande opera letteraria – sostiene Antonia Byatt contengono elementi del probabile e insieme fratture e disastri. L’interesse di Alice Munro è da sempre rivolto sia al tessuto della normalità sia al colpo di forbici che lo taglia di netto. In questi racconti continua a vedere e registrare la quotidianità terrestre. Ma sembra guardare oltre. Le vite umane amorosamente raccontate vanno e vengono a lampi, interrotte dal disastro. Sono storie di morti violente, di nascite altrettanto violente e di un solo, terrorizzante, commovente aborto descritto con precisione”. Un’autrice che possiede la sovrumana capacità di squarciare con la scrittura l’apparenza delle vite ordinarie, rivelandone i risvolti straordinari e oscuri.
Letizia Muratori, La casa madre, Adelphi
I giochi sono pericolosi quasi per definizione, ma a volte lo sono in un modo che alle definizioni si sottrae. Quando Irene riceve dall’America, nel suo bel cavolo di plastica, la bambola che aspettava, sa già che per quella creatura di stoffa vagamente orrifica dovrà essere, rispettando alla lettera le ferree regole imposte dalla fabbrica, una vera madre, così come vere madri già sono, o stanno per diventare, tutte le sue compagne di classe, al collegio del Sacro Cuore di Gesù. Quello che Irene ancora ignora è solo fino a che punto si spingerà la simulazione. Quanto a Luca, il protagonista del secondo racconto che compone questo libro, ha deciso che le giovanissime, esotiche abitanti della pineta dietro casa sua sono in realtà le Winx, e, sentendosi dire dalla più bella, Flora, quante monete dovrà sborsare per passare qualche minuto con lei, sa dove e come procurarsele. Ma ancora non sa in cosa esattamente consista il misterioso ‘charmix’ di quelle strane bambole. Benché separate nel tempo e nello spazio (la prima si svolge a Roma negli anni Ottanta, la seconda oggi, sul litorale del Lazio), le due storie di Letizia Muratori vanno considerate indivisibili. Lette in sequenza, si riveleranno infatti per ciò che sono: il copione di una commedia scalena e corrosiva, una storia quasi di fantasmi che costringe chi la legge a vedere il mondo adulto sempre e solo con gli occhi dei bambini – ma che per un singolarissimo gioco di sponda restituisce, di quel mondo, un’immagine che ferisce e persuade.
Michela Murgia, Accabadora, Einaudi
Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero che a Soreni si fa fatica a comprendere. La vecchia e la bambina camminano per le strade del paese seguite da uno strascico di commenti malevoli, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno. Quarta figlia femmina di madre vedova, Maria è abituata a pensarsi, lei per prima, come “l’ultima”. Per questo non finiscono di sorprenderla il rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro, ma soprattutto la lascia vivere e non sembra desiderare niente al posto suo. “Tutt’a un tratto era come se fosse stato sempre così, anima e fili’e anima, un modo meno colpevole di essere madre e figlia”. Eppure c’è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi lunghi, c’è un’aura misteriosa che l’accompagna, insieme a quell’ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma non capisce, e una sapienza quasi millenaria riguardo alle cose della vita e della morte. Quello che tutti sanno e che Maria non immagina, è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell’accabadora, l’ultima madre.
Brendan O’Carroll, Agnes Browne mamma, Neri Pozza
Agnes Browne, trentaquattro anni, bella, proletaria, simpatia irresistibile, ha un banco di frutta e verdura al mercato del Jarro, turbolento quartiere popolare di Dublino, sette figli come sette gocce di mercurio e un’autentica venerazione per Cliff Richard. Purtroppo ha anche un marito che lascia i suoi guadagni agli allibratori, per poi rifarsi con lei a suon di ceffoni. Ogni mattina Agnes esce di casa alle cinque per incontrare l’amica Marion e iniziare insieme la giornata in allegria. Ogni venerdì gioca a bingo, per poi finire al pub di fronte a una pinta di birra e a un bicchiere di sidro. Non una gran vita, a parte le risate con Marion e le altre, al mercato. Finché, un bel giorno, Rosso Browne muore, lei rimane sola e comincia a godersi davvero l’esistenza. E l’inizio di un carosello di vicende esilaranti, in coppia con Marion, autentico genio comico, e alle prese con i figli che le propinano dilemmi adolescenziali, obbligandola a improvvisarsi consigliera (con grande spasso dei pargoli) o a vestire i panni dell’angelo vendicatore. Insomma, senza quel treppiede del marito attorno, la nostra Agnes pare tornata la ragazza dublinese che è stata – tanto che non manca uno spasimante, un affascinante bell’imbusto francese ignaro degli equivoci della lingua inglese. Intanto la vita continua, nella Dublino di fine anni settanta, tra gioie e dolori, un colpo basso della sorte e un girotondo di risate con Marion, i figli che crescono e, in testa, un sogno che sembra irrealizzabile.
Brendan O’Carroll, Agnes Browne nonna, Neri Pozza
Il pub di Foley, al centro di Dublino, è famoso per molte cose, ma per i Browne soprattutto per una: è la sede tradizionale da ventisette anni a questa parte di tutti i loro festeggiamenti. Ora perciò che l’ultimo dei Browne, Aaron, il figlio di Mark, ha deciso di venire al mondo, Agnes e i suoi pargoli si sono dati appuntamento da Foley subito dopo il battesimo. Al bancone del bar Agnes, il bicchiere in mano, fa scorrere lo sguardo attraverso la sala. Sono tutti lì, i suoi piccoli orfani, tutti adulti ormai. La sua nidiata al completo, tranne il povero Frankie, il figlio derelitto e sfortunato. Mark si è sistemato, è sposato con Betty e ha un figlio meraviglioso; Rory e il suo amico Dino sono tra i più rinomati hair stylist della Wash & Blow; a Trevor manca solo un anno per completare il corso universitario di arte e diventare subito dopo un qualificato artista grafico; Simon è ora portantino-capo al St. Patrick’s Hospital; Cathy è con il fidanzato Mick O’Leary e Dermot… Dermot è con Mary Carter, tossica e forse anche spacciatrice, ma ancora per poco, dato che Agnes ha deciso di porre fine alla tresca… Andrebbe tutto bene per Agnes se a Pierre non venisse in mente di sollevare il calice e di dire davanti agli ospiti del pub di Foley e alla gente del Jarro: “Alla bellissima Agnes Browne… Benvenuta, nonna!”
Brendan O’Carroll, I marmocchi di Agnes, Neri Pozza
Rosso è morto da tre anni, e Agnes Browne continua a fare da madre, padre e arbitro a sette figli scatenati, i suoi adorabili marmocchi. Il primogenito Mark la aiuta a far quadrare il bilancio, e il francese Pierre le ricorda di essere una donna. Sembrerebbe tornato il sereno, in Larkin Court, ma Frankie, la pecora nera della famìglia, la deruba di tutti i suoi averi e fugge in Inghilterra, dove rimarrà intrappolato nella rete della droga. Agnes dovrà lasciare l’amato Jarro a seguito del piano di recupero del centro storico di Dublino e andrà a vivere nella periferica Finglas. Intanto, i figli crescono: Cathy, diventa donna e si fidanza con un poliziotto di Cork (sul cui mestiere Agnes nutre più di una riserva); Mark, si sposa, dopo aver evitato il fallimento della Wise & Co.; il balbuziente e poco dotato Simon ottiene un posto da inserviente in ospedale grazie a un provvidenziale quanto esilarante colloquio di lavoro; Rory, il figlio gay, subisce le angherie di un gruppo di skinhead, ma riesce a trovare la propria strada dedicandosi con successo al lavoro di parrucchiere e conquistando l’amore di un collega; infine Trevor, il più piccolo e il più tardo di tutti, si rivela un bambino prodigio, un artista in erba. Agnes saprà affrontare tutto questo con lo spirito e l’ironia che contraddistinguono le donne dell’Isola di Smeraldo. O’CarrolI, ci intrattiene con questa nuova puntata della trilogia, senza mai far mancare al lettore un sorriso o una risata liberatoria, nel più puro stile dei narratori irlandesi.
Sophie Oksanen, Le vacche di Stalin, Guanda
Un Nord che in realtà è un Occidente, una porta verso la libertà e il benessere: questo, una volta, era il confine tra Estonia e Finlandia. Ben lo sanno Katariina e Anna, madre e figlia. La prima ha rinunciato a successo e ambizioni per seguire oltre frontiera il suo amore finlandese e una volta giunta in quell’agognata terra ha cercato in ogni modo di cancellare qualunque indizio del suo passato estone, ossessionata dal terrore di essere spiata, scoperta e denunciata. La figlia riversa su di sé la medesima ansia di controllo totale e si autoimpone l’obiettivo della perfezione fisica attraverso una dieta folle, in cui a colossali abbuffate di zuccheri seguono lo straziante godimento del vomito e l’affannoso tentativo di eliminare qualsiasi traccia dei propri sforzi. Un regime spietato, una fissazione che la assorbe completamente, che domina la sua vita come un despota assoluto e le impedisce di avere un lavoro, amicizie, relazioni normali. Dall’Estonia in lotta contro l’invasione russa alle deportazioni nei campi siberiani, dal cupo dominio sovietico degli anni Settanta fino al crollo del comunismo e ai nostri giorni, Sofi Oksanen costruisce, frammento dopo frammento, con uno stile crudo ed efficace, due figure femminili uniche e insieme indaga il dramma universale dello sradicamento, di vedersi sottrarre o di non riuscire a trovare la propria identità, la propria lingua, il proprio mondo.
Valeria Parrella, Lo spazio bianco, Einaudi
Maria ha superato da poco i quarant’anni, vive a Napoli, lavora come insegnante in una scuola serale e un giorno, al sesto mese appena di gravidanza, partorisce una bambina che viene subito ricoverata in terapia intensiva neonatale. Dietro l’oblò dell’incubatrice Maria osserva le ore passare su quel piccolo corpo come una sequenza di possibilità. Niente è più come prima: si ritrova in un mondo strano di medicine, donne accoltellate, attese insensate sui divanetti della sala d’aspetto, la speranza di portare sua figlia fuori da lì. Nei giorni si susseguono le mense con gli studenti di medicina, il dialogo muto con i macchinari e soprattutto il suo lavoro: una scuola serale dove camionisti faticano su Dante e Leopardi per conquistarsi la terza media. La circonda e la tiene in vita un mondo pericolante: quello napoletano, dove la tragedia quotidiana si intreccia con la farsa, un mondo in cui il degrado locale è solo la lente d’ingrandimento di quello nazionale.
Tony Parsons, Dolce attesa, Mondadori
Cat Jewell è la maggiore di tre sorelle abbandonate in tenera età dalla madre, un’attrice egoista e vanitosa. A soli 11 anni Cat deve prendersi cura di Jessica e Megan, molto più piccole di lei. Ora, a 36 anni, sa per certo che non vuole avere un figlio. Quando però si rende conto di essersi sbagliata, è forse troppo tardi per cambiare idea. Jessica è felicemente sposata, ma la sua incapacità di procreare diventa un’ossessione che avvelena piano piano il suo rapporto con il marito. Megan è un medico ambizioso, ma proprio nel momento più cruciale della sua carriera rimane incinta di un uomo con cui ha passato una sola notte. Questo romanzo racconta la storia delle tre sorelle Jewell alle prese con la maternità e come questo momento così delicato nella vita di ogni donna segni profondamente il loro destino.
Allison Pearson, Ma come fa a far tutto: vita impossibile di una mamma che lavora, Mondadori
Come si fa a conciliare il lavoro in una società finanziaria, un marito talvolta noioso, due bambini piccoli e bisognosi di cure, senza dimenticare un amante online? Sono questi i crucci in cui si dibatte quotidianamente Kate Reddy, trentacinquenne in carriera che conta i minuti come le altre donne contano le calorie, costretta a destreggiarsi tra appuntamenti di lavoro, impegni familiari, massaggi, sedute dal dentista e mille altre faccende. E tutto lascia presagire che, prima o poi, la situazione non potrà che precipitare. Ma Kate è una donna che non si abbatte facilmente e ha dalla sua un’arma assolutamente invidiabile: l’ironia.
Francesco Recami, Prenditi cura di me, Sellerio
Stefano ha quarant’anni, vive a Firenze e la sua vita fa acqua. Non ha figli e la moglie lo ha lasciato. E dopo due attività messe in piedi con amici e presto fallite, si ritrova a fare il trasportatore con partita Iva per una coop. Pieno di debiti. Capace soltanto di inconsistenti fantasie, brevi come uno spot pubblicitario. Per anni, suo obiettivo è stato impadronirsi del gruzzolo depositato sul conto bancario della madre: per raggiungerlo non ha risparmiato bassezze (perfino una finta gravidanza della moglie). Ma l’anziana signora non ha mai ceduto: convivono in lei le chiusure sospettose del mondo contadino e la nuova grettezza urbana. E una donna anziana e nel suo rapporto con il figlio e con il marito morto si riflette tutta l’ansia solitaria di chi è maggioranza anagrafica ed è nel contempo fuori posto nella nuova società italiana che affida a badanti la vecchiaia. La partita crudele tra i due sembra risolversi quando la madre ha un ictus. Una morte sospesa che però di partita ne apre un’altra: ora è Stefano che deve prendersi cura della madre, e questa responsabilità lo tramortisce. C’è da affrontare l’inferno dell’insensatezza delle strutture sanitarie, della solidarietà ambigua, di un futuro caotico e congestionato come il traffico della città, che per Stefano nel suo furgone è incubo quotidiano. A questo punto non ci sarebbero più scuse per differire la sospirata delega bancaria. Poi le condizioni della madre migliorano e la signora comincia a tornare in sé.
Cathleen Schine, Sono come lei, Mondadori
“Sono come lei” racconta a storia di tre donne, intimamente legate nel bene e nel male. Sono madri e figlie la cui vita prende una svolta inaspettata quando la passione e la malattia irrompono con forza nella loro esistenza. Elizabeth, giovane studiosa di Flaubert, viene convocata a Hollywood da un brillante produttore cinematografico che le commissiona una sceneggiatura ispirata a Madame Bovary. Il tema dell’adulterio è un soggetto delicato per chi, come lei, è refrattaria a sposarsi pur essendo legata da anni allo stesso uomo. Le cose si complicano quando sua madre, una donna dolce e accomodante, le chiede di aiutarla perché la nonna, un’eccentrica e viziata ottantenne, ha scoperto di avere un tumore alla pelle del viso.
Kyung-Sook Shin, Prenditi cura di lei, Neri Pozza
Un pomeriggio qualsiasi in una stazione della metropolitana di un paese orientale: una grande ressa e la gente che si urta senza nemmeno scambiarsi un cenno di scuse… Una coppia di anziani si precipita verso il treno appena arrivato. L’uomo, la borsa della donna in mano, riesce a malapena a salire in carrozza. Non appena si volta, però, scopre con sgomento che i suoi occhi non vedono più la camicetta celeste, la giacca bianca e la gonna beige a pieghe della moglie. Della donna non vi è più traccia. Sparita, letteralmente inghiottita dalla folla. Così Park Sonyo scompare, senza denaro e senza documenti, nella sterminata marea umana della metropolitana di Seul. È arrivata nella grande città dal suo piccolo paese di campagna per il solito pellegrinaggio alle case dei figli, soprattutto a quelle del primogenito, appena diventato dirigente di un’impresa immobiliare, e della figlia che scrive romanzi che lei, Park Sonyo, provvede sempre puntualmente a farsi leggere. Conosce la metropoli. Tanti anni fa, quando il primogenito era ai primi passi della carriera e dormiva in ufficio, era rimasta addirittura da sola in città. Ora, però, la sua scomparsa è per i figli non soltanto fonte di angoscia e di grave preoccupazione, ma anche di rimorsi e di sensi di colpa. Park Sonyo non è più, infatti, la stessa da qualche tempo. La verità è che Park Sonyo, la donna che è sempre stata forte, la figura familiare che è sempre stata dalla parte dei figli, ha bisogno per la prima volta dei figli.
Anne Tyler, La figlia perfetta, Guanda
Due famiglie all’aeroporto di Baltimora, in una notte di agosto; due bambine appena adottate in arrivo dalla Corea. Una delle due famiglie è perfettamente americana, socialmente impegnata e politicamente corretta; l’altra è un nucleo familiare iraniano, che ha superato non da molto tempo le difficoltà dell’inserimento nel tessuto sociale degli Stati Uniti. Mentre la prima farà di tutto perché la bimba adottata mantenga i contatti con la sua cultura di origine, la seconda cercherà in ogni modo di assimilarla immediatamente alla realtà di Baltimora. Le storie delle due famiglie, che mantengono i contatti dopo il primo incontro, si incrociano per molti anni, e ogni anno diventa l’occasione per un nuovo confronto, per misurare avvicinamenti e distanze, per osservare i bimbi che crescono e il mondo che cambia.
Mariapia Veladiano, La vita accanto, Einaudi
Rebecca è nata irreparabilmente brutta. Sua madre l’ha rifiutata dopo il parto, suo padre è un inetto. A prendersi cura di lei, la zia Erminia, il cui affetto però nasconde qualcosa di terribile, e la tata Maddalena, affettuosa e piangente. Ma Rebecca ha mani bellissime e talento per il piano. Grazie all’anziana signora De Lellis, Rebecca recupera un rapporto con la complessa figura della madre, scoprendo i meccanismi perversi della sua famiglia. E nella musica trova un suo modo singolare di riscatto, una vita forse possibile. La Veladiano racconta senza sconti l’ipocrisia, l’intolleranza, la crudeltà della natura, la prevaricazione degli uomini sulle donne, l’incapacità di accettare e di accettarsi, la potenza delle passioni e del talento.
Andrea Vitali, La mamma del sole, Garzanti
La motonave Nibbio, vecchia gloria della Navigazione Lariana, sta effettuando il suo ultimo viaggio. A Bellano sbarca un’anziana donna: sta cercando il vecchio parroco, don Carlo Gheratti. Attraversa a fatica il paese arso dalla canicola estiva, prima di scomparire nel nulla. Quando arriva la notizia che manca una delle ospiti del Pio Ospizio San Generoso di Gravedona, sulle due rive del lago i carabinieri iniziano a indagare. Un secondo enigma segna l’estate del 1933. Dietro pressante richiesta del Partito e della Prefettura, i carabinieri devono raccogliere informazioni su una “celebre” concittadina, Velia Berilli, madre di quattordici figli, tra legittimi e illegittimi. Perché mai Velia Berilli è diventata così importante? Due misteri, insomma, cui si aggiunge un altro problema: in caserma si è rotto il vetro del bagno, e aggiustarlo non sarà semplice. Ancora una volta, le pagine di Vitali si animano di una piccola folla di protagonisti e comprimari: dall’equipaggio della Nibbio alle autorità locali, e poi don Gheratti, il sacrestano Bigé e la perpetua Scudiscia. Non possono mancare i carabinieri della locale stazione, vere star dei suoi romanzi: il maresciallo maggiore Ernesto Maccadò, l’appuntato Misfatti, il brigadiere Mannu e il carabiniere Milagra, che segue giorno dopo giorno, con indomita passione, i gloriosi trasvolatori della Seconda Crociera Atlantica.
Andrea Vitali, Il segreto di Ortelia, Garzanti
Qual è il vergognoso segreto che Cirene Selva confida alla figlia Ortelia? In verità c’è più di un segreto dietro la vicenda di Amleto Selva, giovane garzone senza arte né parte ma molto ambizioso arrivato in paese nel 1919 al seguito di un sensale di bestiame. Tanto per cominciare c’è il vero motivo del suo matrimonio con Cirene, timida e bruttina ma destinata a ereditare la macelleria del padre. Poi c’è la sua lunga guerra con la bottega rivale, quella del Bereni: una guerra commerciale che dura da decenni, fatta di colpi bassi dai risvolti esilaranti. Soprattutto, c’è la passione del Selva per un’altra carne, un’esuberante vitalità sessuale che nel quieto tran tran paesano genera turbolenze e scandali subito soffocati ma destinati a gettare lunghe ombre sul futuro. Sgangherato eroe di una “Dinasty” di provincia, Amleto è il fulcro di una parabola carnale e spassosa ma con un sottile filo d’amarezza, dove le donne – Ortelia e Cirene, ma non solo loro – sono le vere protagoniste.
Serena Dandini, Grazie per quella volta, Rizzoli
Di cosa è fatta una vita? Di domeniche pigre in cui non rispondiamo al telefono per rimanere sul divano abbracciando un libro appena iniziato. Di ore spese inutilmente a cercare le sigarette, le chiavi della macchina, gli occhiali da sole, perché si sa che spesso e volentieri le cose si spostano per farci dispetto e divertirsi alle nostre spalle. Serena Dandini esplora con tenerezza, ironia e sincerità una catena di debolezze di cui andare fieri, di fragilità nostre e del mondo: è il tempo di auto assolverci, di fare pace con i nostri difetti imparando a conviverci tra alti e bassi, proprio come succede a ogni coppia “pluricollaudata”.
Simone de Beauvoir, Una donna spezzata, Einaudi
Monique ha sempre creduto nel suo matrimonio. Soprattutto, ha sempre creduto nel suo ruolo di moglie: muoversi sicura per casa, gestire la vita familiare, provvedere agli altri con la certezza di essere necessaria. Ma è bastata una frase di Maurice: “C’è una donna”. E se Monique è tradita dal marito, la madre di Philippe lo è dal figlio, che al progressismo materno preferisce lo spirito pratico e conservatore della moglie. Murielle, invece, non ha né mariti né figli con cui scontrarsi: due matrimoni finiti male e il suicidio della figlia la condannano a una solitudine che la rende cruda e volgare, astiosa verso il mondo e verso un Dio che forse non c’è. Tre racconti, tre donne, tre crisi.
Banana Yoshimoto, Un viaggio chiamato vita, Feltrinelli
La vita è un viaggio, e come tutti i viaggi si compone di ricordi. In questo libro, Banana Yoshimoto raccoglie preziosi frammenti di memoria e ci porta con sé, lontano nel tempo e nel mondo. Dalle emozioni del primo amore alla scoperta della maternità, dalle piramidi egiziane alla Tokyo degli anni settanta. Con la consueta leggerezza della sua scrittura, ricostruisce le emozioni dell’esistenza a partire da un profumo, da un sapore, da un effetto di luce o dal rumore della pioggia e del vento. E così che una pianta di rosmarino ci trasporta da un minuscolo appartamento di Tokyo al tramonto luccicante della Sicilia, e che un contenitore pieno di alghe diventa l’occasione per esplorare il dolore della perdita.
L.R. Carrino, Esercizi sulla madre, Perdisa Pop
La sera del 27 febbraio 1976, la madre del piccolo Giuseppe esce per fare la spesa. Seduto sul gradino di casa, il bambino ne aspetta il ritorno per dieci terribili ore, fino a che si convince che la donna non tornerà mai più. Trent’anni dopo, Giuseppe è rinchiuso in un ospedale psichiatrico. Attraverso precisi esercizi del ricordo che lo costringono a rivivere quella notte, qualcosa di atroce riaffiora nella sua memoria inceppata. Una processione di dieci madri, una per ogni ora di quell’attesa e ognuna accompagnata da un diavolo custode, sfila nella sua mente nel tentativo di ricostruire una verità indicibile. Esercizio dopo esercizio, Carrino compone il suo puzzle narrativo più audace e destabilizzante in grado di scovare e rivelare il dolore nascosto nell’infanzia di ognuno.
Anilda Ibrahimi, Non c’è dolcezza, Einaudi
Lila ed Eleni sembrano inseparabili. Le corse al fiume dopo la scuola e i primi sospiri per lo stesso ragazzo, Andrea. Ma una vecchia tzigana legge sulle loro mani la “tagliente nostalgia” della separazione. Lila infatti va a studiare nella capitale, diventa maestra e sposa Niko, il fratello di Andrea. Eleni invece resta a Urta, l’aspro villaggio in cui entrambe sono cresciute, ad aspettare la sua sorte. E la sorte gioca con le vite delle due amiche, riunendole “come due ruscelli d’acqua che si gettano nello stesso fiume”. Lila sogna che partorirà un’altra femmina, la quarta. Perciò promette di darla in adozione a Eleni, che nel frattempo è riuscita a sposare Andrea, abbandonato dalla prima moglie ma ancora legato a lei da una specie di incantesimo. Quando nascerà un maschio, Arlind, Lila rinuncerà lo stesso a lui, per non venire meno alla parola data, per non sfidare il destino. Ma forse non si può cancellare del tutto la traccia del sangue. Sullo sfondo, l’Albania travolta dai cambiamenti sociopolitici. Una storia che attraverso personaggi quasi archetipici, tragici in senso classico, smuove le nostre emozioni e ci interroga sui temi che ci appassionano da sempre: l’identità, i legami famigliari – quelli di sangue e quelli acquisiti – e l’esistenza di quel destino “che ci portiamo addosso insieme al nostro respiro”.
Simona Sparaco, Nessuno sa di noi, Giunti
Quando Luce e Pietro si recano in ambulatorio per fare una delle ultime ecografie prima del parto, sono al settimo cielo. Pietro indossa persino il maglione portafortuna, quello tutto sfilacciato a scacchi verdi e blu delle grandi occasioni. Ci sono voluti anni per arrivare fin qui, anni di calcoli esasperanti con calendario alla mano, di “sesso a comando”, di attese col cuore in gola smentite in un minuto. Non appena sul monitor appare il piccolo Lorenzo, però, il sorriso della ginecologa si spegne di colpo. Lorenzo è troppo “corto”. Ha qualcosa che non va. “Nessuno sa di noi” è la storia di un mondo che si lacera come carta velina. E di una donna di fronte alla responsabilità di una scelta enorme. Qual è la cosa giusta quando tutte le strade portano a un vicolo cieco? Che cosa può l’amore? E quante sono le storie di luce e buio vissute dalle persone che ci passano accanto? Come le ricorderanno le lettrici della sua rubrica e le numerose donne che incontra sul web, Luce non è sola.
Seré Prince Halverson, L’amore più grande del mondo, Sperling
Per Ella Beene la felicità è vivere in una piccola città della California, con il marito Joe e i due figli che lui ha avuto dal primo matrimonio. Ma un giorno d’estate Joe infrange la sua regola d’oro – non voltare mai le spalle all’oceano – e un’onda lo travolge, portandoselo via, insieme con i suoi molti segreti. La fortuna che Ella aveva pensato durasse per sempre si dissolve in un istante. Per tre anni, Ella è stata la mamma dei figli di Joe, l’unica che abbiano conosciuto, e ha creduto che la madre vera, Paige, li avesse abbandonati per puro egoismo. Quando però Paige ricompare al funerale di Joe, bellissima, fiera e ben decisa a far valere il suo diritto naturale, Ella deve fare i conti con una verità molto più complessa e prepararsi al peggio. Perché, oltre ad affrontare il dolore per la scomparsa dell’uomo che ama, dovrà lottare per rimanere con i bambini, per non perdere quel pezzo di vita che ha coltivato e voluto con tutta se stessa. Perché sarà costretta a mettere in discussione il suo ruolo di madre, nell’intento di fare la cosa più giusta. Perché sarà condotta fino ai limiti estremi dell’amore, per capire se è davvero lei la scelta migliore per i figli. Ma Ella Beene è graniticamente sicura di una cosa: lei ha bisogno della sua famiglia. Ne ha bisogno come dell’aria per respirare. Ed è disposta a combattere, a non mollare mai per avere il suo spicchio di felicità. Che, come dice sempre, non è una questione ereditaria.
Ugo Riccarelli, L’amore graffia il mondo, Mondadori
È come se portasse il destino nel nome, Signorina: suo padre, capostazione in un piccolo paese di provincia, l’ha chiamata così ispirandosi al soprannome di una locomotiva di straordinaria eleganza. E creare eleganza, grazia, bellezza è il suo talento. Un giorno dal treno sbuca un omino con gli occhi a mandorla e, con pochi semplici gesti, crea un vestitino di carta per la sua bambola. L’omino scompare, ma le lascia un dono, un dono che lei scoprirà di possedere solo quando una sarta assisterà a una delle sue creazioni. Potrebbe essere l’atto di nascita di una grande stilista, ma ci sono il fascismo, la povertà e gli scontri in famiglia, le responsabilità, i divieti e poi la guerra… e Signorina poco a poco rinuncia a parti di se stessa, a desideri e aspirazioni, soffocando anche la propria femminilità, con una generosità istintiva e assoluta. E quando infine anche lei, quasi all’improvviso, si scopre donna e conosce l’amore, il sogno dura comunque troppo poco, sopraffatto da nuovi doveri e nuove fatiche, e dalla prova più difficile: un figlio nato troppo presto e nato malato, costretto a “succhiare aria” intorno a sé come un ciclista in salita. Nonostante i binari della ferrovia siano ormai lontani e la giovinezza lasci il posto a una maturità venata di nostalgia, ancora una volta Signorina sfodera il suo coraggio e la sua determinazione al bene e lotta per far nascere suo figlio una seconda volta, forte e capace di respirare da solo.
Audur Ava Olafasdottir, Rosa candida, Einaudi
Lobbi ha ventidue anni quando accetta di prendersi cura di un leggendario roseto in un monastero del Nord Europa. È stata la madre, morta da poco in un incidente d’auto, a trasmettergli l’amore per la natura, i fiori e l’arte di accudirli, il giardinaggio. Cosi Lobbi decide di lasciare l’Islanda, un anziano padre perso dietro al quaderno di ricette della moglie, e un fratello gemello autistico. Lascia anche qualcun altro: Flòra Sòl, la figlia di sette mesi avuta dopo una sola notte d’amore (anzi, precisa lui, “un quinto di notte”) con Anna. Con sé Lobbi porta alcune piantine di una rara varietà di rose a otto petali, molto cara alla madre, la Rosa candida. Questi fiori saranno i silenziosi compagni di un viaggio avventuroso come solo i viaggi che ti cambiano la vita sanno essere. Ad accoglierlo al monastero c’è padre Thomas, un monaco cinefilo che con la sua saggezza e una sua personale “cine-terapia” saprà diradare le ombre dal cuore di Lobbi. Ma sarà soprattutto l’arrivo di Anna e Flòra Sòl in quell’angolo fatato di mondo a provocare i cambiamenti più profondi e imprevisti nell’animo del ragazzo. Perché, per la prima volta, Lobbi scopre in sé un desiderio nuovo, che non è solo amore per la figlia e attrazione per Anna: è il desiderio di una famiglia.
Loredana Lipperini, Di mamma ce n’è più d’una, Feltrinelli
Il Palazzo d’Inverno di Pechino era luogo di meraviglie e splendore. L’imperatore della Cina, che deteneva il potere più alto, era prigioniero del suo palazzo, proprio in virtù di quel potere. Anche la maternità è un Palazzo d’Inverno: dove è splendido aggirarsi ma da dove non si può uscire. Per secoli è stato l’unico potere concesso alle donne, e oggi torna a essere prospettato come il più importante: l’irrinunciabile, anzi. Lo ribadiscono televisione, giornali, libri, pubblicità, blog. Alle donne, in nome del nuovo culto della Natura, si chiede di allattare per anni e di dedicare ogni istante del proprio tempo ai figli: si dice loro che tornando a chiudersi in casa, facendo il sapone da sole e lasciando libero il proprio posto di lavoro salveranno il paese, e forse il mondo, da una crisi economica devastante. Oppure, se proprio vogliono lavorare, devono diventare “mamme acrobate” in grado non solo di conciliare lavoro e famiglia, ma di farlo con il sorriso sulle labbra e la battuta pronta, magari per raccontarsi su blog che sono il territorio di caccia preferito per tutte le aziende che producono passeggini e detersivi. Nell’Italia dove il mito del materno è potentissimo per le madri si fa assai poco sul piano delle leggi, dei servizi, del welfare, dell’occupazione, dell’immaginario. Ma invece di unirsi, le donne si spaccano: le fautrici dei pannolini lavabili contro le “madri al mojito”, madri totalizzanti contro le madri dai mille impegni, femminismi contro femminismi.
M.L. Stedman, La luce sugli oceani, Garzanti
Isabel ama la luce del faro tra gli oceani, che rischiara le notti. E adora le mattine radiose, con l’alba che spunta prima lì che altrove, quasi quel faro fosse il centro del mondo. Per questo ogni giorno scende verso la scogliera e si concede un momento per perdersi con lo sguardo tra il blu, nel punto in cui i due oceani, quello australe e quello indiano, si stendono come un tappeto senza confini. Lì, sull’isola remota e aspra abitata solo da lei e suo marito Tom, il guardiano del faro, Isabel non ha mai avuto paura. Si è abituata ai lunghi silenzi e al rumore assordante del mare. Ma questa mattina un grido sottile come un volo di gabbiani rompe d’improvviso la quiete dell’alba. Quel grido, destinato a cambiare per sempre la loro vita, è il tenue vagito di una bambina, ritrovata a bordo di una barca naufragata sugli scogli, insieme al cadavere di uno sconosciuto. Per Isabel la bambina senza nome è il regalo più grande che l’oceano le abbia mai fatto. È la figlia che ha sempre voluto. E sarà sua. Nessuno lo verrà a sapere, basterà solo infrangere una piccola regola. Basterà che Tom non segnali il naufragio alle autorità, così nessuno verrà mai a cercarla. Decidono di chiamarla Lucy. Ben presto quella creatura vivace e sempre bisognosa d’attenzione diventa la luce della loro vita. Ma ogni luce crea delle ombre. E quell’ombra nasconde un segreto pesante come un macigno, più indomabile di qualunque corrente e tempesta Tom abbia mai dovuto illuminare con la luce del suo faro.
Ann Hood, Voglio prenderti per mano, Fabbri
È una bellissima bimba senza nome quella che Chun tiene tra le braccia. Ancora pochi istanti e dovrà separarsene, avvolgerla nel drappo di stoffa, posarla nella cesta di vimini e allontanarsi in fretta, senza cedere alla tentazione di voltarsi. Perché se il cielo ascolterà le sue preghiere, la porta dell’Istituto non tarderà ad aprirsi e una nuova vita, più bella e più facile, comincerà per la piccola lontano da qui. Dall’altra parte del mondo, in quello stesso momento, Maya Lange sta lavorando perché il sogno di Chun, e di tante altre come lei, possa avverarsi. È specializzata in speranza Maya, fondatrice e proprietaria di un’agenzia di adozioni: grazie a lei, il dolore di una madre si converte nella gioia di un’altra, un destino apparentemente segnato vira di colpo e le fila di vite fino a un attimo prima distanti si intrecciano a formare nuove, indissolubili trame d’amore. Sono più di quattrocento le bambine a cui Maya ha trovato, negli anni, una nuova famiglia, una casa. Di ciascuna lei conserva un ritratto, un ricordo. E nei momenti peggiori, quando le ansie, le paure e i dubbi degli aspiranti genitori minacciano di travolgerla, è sufficiente che Maya guardi i loro visi per ritrovare di colpo la forza di ascoltare, rassicurare, consolare. Perché il solo dolore che Maya abbia rinunciato a curare è quello che si porta dentro, irrimediabile come la perdita che lo ha causato. Ma il destino è un filo impossibile da spezzare, e Maya sta per scoprire chi c’è all’altro capo del suo.
Jodi Picoult, La custode di mia sorella, Corbaccio
Anna ha tredici anni, sa come nascono i bambini e, per quanto la riguarda, sa anche perché. È stata infatti geneticamente “programmata” per essere donatrice compatibile di sua sorella Kate, malata di leucemia. Cellule staminali, sangue, midollo osseo. Quando i genitori le chiedono un rene per salvare la sorella da un’infezione fatale, Anna prende una decisione inaspettata, che sconvolgerà la vita di tutti i suoi cari: fa causa alla sua famiglia. Perché nessuno le chiede il suo parere? Perché si dà per scontato che lei sia disponibile? Nel groviglio di amore, dolore e ribellione che lega tra loro i personaggi della storia, Jodi Picoult scava e indaga, regalandoci un romanzo corale che, con lucidità e coraggio, ci fa riflettere su cosa significhi essere bravi genitori, bravi fratelli e brave persone; se sia moralmente corretto salvare la vita di un bambino quando ciò significa violare i diritti di un altro; se bisogna seguire il proprio cuore o lasciare che siano gli altri a condurci.
Jodi Picoult, L’altra famiglia, Corbaccio
Zoe Baxter per dieci anni ha cercato disperatamente di avere un figlio e finalmente il sogno suo e del marito Max sembra diventare realtà: ormai è al settimo mese di gravidanza. Ma il sogno è destinato a tramutarsi in un incubo. Anche questa volta Zoe non riesce a portare a termine la gravidanza e il suo matrimonio non regge di fronte a questo ennesimo, grande dolore. Zoe si rifugia nella sua professione, di musicoterapeuta e insieme alla collega Vanessa cerca di aiutare un’adolescente che ha tentato il suicidio. Fra le due nasce un’amicizia profonda che, con grande sorpresa di Zoe, si trasforma in amore. Al punto che Zoe spera di poter costruire una nuova famiglia e di avere con Vanessa quel figlio tanto desiderato, grazie agli embrioni conservati da lei e Max in una banca del seme. Ma Max si oppone con tutte le sue forze all’idea che Zoe possa avere un figlio, che lui rivendica anche come suo, insieme a un’altra donna. Il caso finisce in tribunale, dove si scontreranno non solo Zoe e Max, ma anche due concezioni diverse e opposte della famiglia, e dove i sentimenti più profondi e radicati di ciascuno verranno alla luce, fino all’inatteso e sorprendente finale.
Sophie Hannah, La culla buia, Garzanti
L’incubo inizia sempre nello stesso modo. E stata una lunga nottata, il pianto del neonato intermittente, la stanchezza che ti attanaglia gli occhi. Ma finalmente, alle prime luci dell’alba, il bambino si è addormentato. E tu sei crollata dalla stanchezza. Solo pochi minuti, appena riaperti gli occhi sei subito corsa verso la culla per vedere le sue manine paffute protendersi verso di te. Ma il piccolo è immobile. Lo tocchi, e non respira più… Per molte donne questo è solo un brutto sogno da cui risvegliarsi in un bagno di sudore. Ma per Helen Yardley, Ray Hines e Sarah Jaggard l’incubo è continuato anche una volta sveglie. Il loro bambino è morto, senza una ragione apparente. Tutte sono state accusate di infanticidio e ci sono voluti lunghi processi e molti anni di prigione, prima che fossero scagionate. “Morte in culla” è il verdetto finale. Fliss Benson è una giovane produttrice televisiva, a cui viene affidato l’incarico di girare un documentario sulla loro vicenda. Questo è l’ultimo progetto a cui vorrebbe lavorare, perché riapre in lei una ferita mai sanata che riguarda il suo passato. La mattina in cui sta per rinunciare all’incarico riceve un biglietto con sedici cifre. Un biglietto oscuro e ricattatorio. A indagare sulla minaccia è la poliziotta Charlie Zailer, la quale scopre che gli stessi numeri sono stati inviati anche alle tre donne accusate di infanticidio.
Carla Guelfenbein, Il resto è silenzio, Piemme
Tomás ha dodici anni, anche se non ne dimostra più di otto. E un po’ lento e un po’ impacciato e di solito non parla molto. Non perché non abbia niente da dire, ma è come se le parole rimanessero intrappolate dentro di lui. E poi le parole sono come frecce: vanno e vengono, feriscono e uccidono. Per questo lui preferisce registrarle, soprattutto quelle degli adulti, così non possono sfuggirgli. Suo papà, Juan, non vorrebbe che lo facesse, perché “insidia la privacy”. Ma ci sono già talmente tante cose che Tomás non può fare… E per via del cuore, che è più debole di quello degli altri. Non può correre, non può agitarsi, non può fare sforzi. Non può nemmeno far tornare indietro il tempo a quando la mamma era ancora viva. Suo papà non parla mai di lei. Forse ha troppo da fare con il suo lavoro di cardiochirurgo e non ha tempo per le chiacchiere. Ma quando lui non parla è come se si spegnesse la luce e ognuno rimanesse al buio, smarrito nel suo angolino. Silenzi neri, non pieni di luce come quelli di Alma, la moglie di Juan, che riempiono lo spazio invece di svuotarlo. A volte lei e Tomás fanno cose che papà non approverebbe, come mangiare la torta con le mani e leccarsi le dita. Alma è l’unica che può capire perché lui adesso deve fare le sue ricerche. Deve scoprire dieci cose sulla mamma, e dopo tutto sarà più chiaro. La prima l’ha già scoperta. Gliene mancano nove.
28 Commenti a “12 Maggio 2013: festa della mamma. Una bibliografia per rendere omaggio a tutte le madri.”