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LIB(e)RO Sculture in ferro di Angelo Gilberto Perlotto. Dal 14 Aprile al 10 Maggio in Biblioteca.

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Comune di Arzignano

Biblioteca Civica

LIB(e)RO

Sculture in ferro di
Angelo Gilberto Perlotto

Dal 14 Aprile al 10 Maggio 2014

L’Autore sarà presente la mattina del giorno 10 Maggio a disposizione di chi volesse incontrarlo e per visite guidate all’esposizione

L’Assessore alla Cultura Mattia Pieropan: “Il 19 Aprile 2014 ricorre un anniversario importante per la nostra città: il decimo compleanno dell’attuale sede della Biblioteca Civica. Un’esposizione prestigiosa come quella delle opere di Gilberto Perlotto è il modo migliore di ricordare questo compleanno, tanto più che lo Scultore è presente in biblioteca da anni con una delle sue sculture, che ha voluto donare alla Città di Arzignano. La mostra delle opere di Perlotto, che molto spesso raffigurano dei libri, è anche un modo per festeggiare la Giornata mondiale del Libro, promossa dall’UNESCO e celebrata il 23 Aprile di ogni anno”

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Lib(e)ro locandina

Angelo Gilberto Perlotto, in arte Gibo, è nato a Vicenza il 20 agosto 1959 e vive a Trissino (VI).
Fa parte di una famiglia che forgia il ferro da più di un secolo. Nipote di Antonio Lora, artista di fama indiscussa e figlio di Germano Perlotto dal quale apprende le tecniche di lavorazione dei metalli. Si perfeziona con corsi di disegno e modellato presso laboratori d’arte. La sua esperienza di artista viene accompagnata da un approfondito studio e praticantato presso varie fonderie, dove sperimenta le tecniche di fusione a cera persa e le finiture conservative dei metalli.
Da autodidatta approfondisce la lavorazione dello sbalzo e del cesello. Dopo anni di ricerca, imprime alle sue opere in ferro un alto iper-realismo considerato dalla critica un nuovo capitolo del Verismo italiano. Nel 2007 gli viene attribuito un premio Internazionale per l’evoluzione della materia. Mostre personali e collettive hanno contraddistinto il suo percorso artistico sia in Italia che all’estero.

Perlotto

Sul valore della libertà, nei diversi ambiti in cui essa viene trattata, si sono spesi milioni di parole, più o meno retoriche, e altrettanti ragionamenti senza che si possa dire di essere giunti ad una definizione veramente totale e convincente, adatta a tutti i tempi, del che cosa sia la libertà. Intuitivamente però, e per esclusione, anziché per affermazione, potremmo ritenerci d’accordo su che cosa “non” sia la libertà e quali concetti le siano antagonisti precludendone l’esistenza. Ad esempio l’ignoranza. E i tabù, divieti assoluti e immotivati, figli della superstizione e della mancanza di cultura. È su questi motivi che si sviluppa il percorso artistico di Gibo Perlotto, che qui utilizza come immagini rappresentative particolarmente pregnanti le forme del libro. La mostra “Lib(e)ro” che raccoglie alcuni tra i più significativi esemplari realizzati dall’artista con il ferro, si concentra nel portare l’affondo sull’associazione dell’idea di conoscenza e quella di autonomia critica, senza la quale non può esistere una vera libertà intellettuale. E’ infatti solo nella consapevolezza che è possibile esercitare un giudizio, la forma più alta dell’indipendenza dai condizionamenti.
Fino alla misura estrema, se si vuol accettare che, come afferma Theodor Adorno (Minima moralia, 1951), la libertà non stia nello scegliere tra bianco e nero, ma nel poter sottrarsi a questa scelta prescritta.
I libri dunque; luoghi simbolo in cui sono contenute le sapienze – ma anche le scemenze – ragione per cui è necessario che ogni contenuto sia indagato, in ogni caso, con la massima attenzione. È l’artista che, in qualche modo fornisce la “chiave di lettura”: mettendo a disposizione la sua visione del mondo attraverso cui anche tutti gli altri possono indagare la realtà. Lo fa proponendo i propri testi guida e indicando di ciascuno contenuti e qualità; ne specifica i titoli e anche le sinossi così che il visitatore si disponga ad appropriarsi degli argomenti con fiducioso interesse. Così Perlotto racconta l’Albero per eccellenza il cui frutto, la Mela della conoscenza, dà origine secondo la tradizione ebraico-cristiana alla faticosa vita dell’uomo sulla terra (Arbor mali); ironizza bonariamente sulla possibile lentezza del pensiero (Lenta-mente); indica il confine, la soglia oltre la quale non è saggio avventurarsi senza adeguate attrezzature spirituali e conoscitive (Limen); indaga l’affidabilità di una “forma sferica” per la stabilità precaria di un’idea che non sa sostenersi da sola (Fragile equilibrio). Dunque egli offre un punto di vista personale e questa visione è talmente accattivante da indurre ad affidarvisi ciecamente.
Ma l’artista fornisce a chi guarda anche l’antidoto alla fiducia incondizionata: nature morte, piccoli scenari come partiture che isolano un dettaglio dalla più ampia orchestra del mondo e soprattutto i famosi libri, tutto nasconde la sua vera natura. Il legno, la carta, la paglia, il cuoio, la stoffa, i rami, i fiori, i frutti, i piccoli animali dell’orto son fatti di ferro. Un ferro battuto, patinato con diversi colori e ridotto ad imitatio del vero. E dunque sembra suggerire una profonda riflessione sull’apparenza e sulla perenne ed indefettibile necessità di approfondire l’origine delle cose e la loro interpretazione, prima di formulare un giudizio.
Ma l’imitazione puntuale della realtà attraverso cui Gibo Perlotto realizza le sue opere costituisce anche un diretto riferimento alla cultura umanistica e rinascimentale: l’imitazione era infatti l’istituto fondativo del sistema morale ed estetico, proprio perché recuperava nei modelli offerti dalla Natura, oltre che dagli Antichi, il valore esemplare, l’insegnamento delle norme da applicare alla realtà contemporanea.

Giovanna Grossato

Arbur mali

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