CANTATA DI PARADISO
Duomo di Ognissanti, Arzignano
Giovedì 23 febbraio, ore 21.00
CANTATA DI PARADISO
ascesa poetico-musicale al Paradiso di Dante dalla terza cantica della Divina Commedia
narrazione e dizione dei canti Alessandro Anderloni
organo Alessandro Foresti
liuto cantabile Mauro Palmas
testi e regia Alessandro Anderloni
musica originale Alessandro Foresti, Mauro Palmas
produzione Àissa Màissa, Elena Ledda Vox
Ingresso libero fino ad esaurimento posti,
Info: Ufficio Cultura del Comune di Arzignano
Tel: 0444.476543
email: biglietteria@comune.arzignano.vi.it
Lo spettacolo Cantata di paradiso è un dialogo di parole e musica senza soluzione di continuità, una narrazione in cui le une e l’altra ci parlano a livelli di comprensione diversi: il pensiero e l’anima, la razionalità e il cuore. Ne scaturisce un’emozione profonda e pacata, un coinvolgimento in cui alla comprensione letterale del testo di Dante si sostituisce un’adesione fiduciosa a ciò che «significar per verba non si poria», perché non è possibile dire con parole umane ciò che è sovrumano. Ecco che ciò che non riescono a dire le parole dice la musica che, per citare il poeta, ci rapisce senza che noi la si possa intendere.
E come giga e arpa, in tempra tesa
di molte corde, fa dolce tintinno
a tal da cui la nota non è intesa,
così da’ lumi che lì m’apparinno
s’accogliea per la croce una melode
che mi rapiva, sanza intender l’inno.
- Paradiso, canto XIV, vv 118 – 123 -
Così “canta” Dante Alighieri nel XIV di Paradiso.
Il terzo regno oltremondano percorso dal poeta-pellegrino è un regno di luce e suono. Dante ascende con Beatrice per i cieli planetari, fino a giungere alla Candida Rosa dei beati. In questo viaggio la musica lo accompagna, lo inebria, lo trasumana.
Dante ci assicura che la nostra musica più bella, paragonata a quella del paradiso, non è che un rumore sordo. Le orecchie mortali del poeta, e con le sue le nostre, non riescono a tollerare tanta bellezza sonora. Di cielo in cielo «la dolce sinfonia di paradiso» accresce e si dilata, inonda il paradiso, eleva il pellegrino verso la fine dei suoi desideri: la visione di Dio. Già Pitagora aveva teorizzato l’armonia delle sfere celesti scrivendo come i cieli, nel loro roteare intorno alla Terra, emettano un suono tanto più grave quanto sono più piccoli e più vicini al pianeta, tanto più acuto quanto si allargano e si avvicinano a Dio.
Lassù tutto canta: intonano inni i beati e le beate apparendo in forma di luce, odora di lodi a Dio la Candida Rosa dell’Empireo, osannano le nove gerarchie angeliche girando vorticosamente intorno a Dio, punte dalla sua luce d’amore.
Come tentare di rendere questa grandiosa sinfonia? Con le stesse parole di Dante, innanzitutto, ché i suoi endecasillabi sono già musica; le sue terzine, che Foscolo paragonava al movimento perpetuo delle onde del mare, sono il ritmo di una melodia che trova nella terza cantica la sua perfezione.
Ecco che Alessandro Anderloni, interpretando a memoria alcuni canti dalla terza cantica della Commedia, dà voce alla musica del più grande poema mai scritto da un uomo. Con lui sul palcoscenico ci sono Mauro Palmas con il suo liuto cantabile, uno strumento antico, dal suono dolcissimo ed evocativo, a suggerire l’arpeggio di giga a cui Dante paragona la musica del paradiso nel canto XIV, e Alessandro Foresti a far risuonare con le canne del suo organo portativo la molteplice sonorità della terza cantica, quella sinfonia di «tredicimila poliedri» a cui il poeta russo Osip Ėmil’evič Mandel’štam paragonava la Commedia, definendola «un organo di una potenza smisurata».
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